E la Grande Crisi partorì La Malfa

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martee1964
00martedì 28 ottobre 2008 08:34
Una grande crisi finanziaria costituisce a volte l’occasione per un ricambio e un rinnovamento dei gruppi dirigenti di una nazione. Avvenne così per l’Italia degli anni 30, che si trovò a fronteggiare una congiuntura internazionale gravissima, col rischio di vedere dissolversi, assieme alle banche «miste» che avevano fino allora accompagnato e sostenuto lo sviluppo del Paese, anche una vasta parte del suo sistema industriale. In quel frangente, non solo si riuscì ad attingere alle risorse e alle capacità gestionali migliori, ma il compito di arginare la crisi contribuì a forgiare alcune delle personalità che avrebbero in seguito preso su di sé il compito di guidare l’Italia nel nuovo scenario dell’economia internazionale dopo la seconda guerra mondiale.

Ugo La Malfa fu certamente tra gli uomini che misero maggiormente a frutto la lezione della Grande Crisi per trarre da essa indicazioni di metodo e ispirazioni di lungo periodo della politica economica italiana. La bella biografia che Paolo Soddu gli ha dedicato (Ugo La Malfa. Il riformista moderno, Carocci, pp. 526, e38,50) riserva largo spazio alla formazione culturale e politica del leader repubblicano, facendo capire come sia stato determinante per La Malfa il lavoro presso gli ambienti economici che compresero più a fondo la natura della crisi e si misurarono con la sfida di uscirne da una prospettiva in grado di rendere più solide le basi dello sviluppo italiano.

La Malfa ebbe la sorte di approdare all’ufficio studi della Banca Commerciale Italiana (il primo degli istituti di credito italiani a essersi impegnato con un’attività di diretto sostegno finanziario all’industria) nel 1934, dunque nell’epoca in cui era più viva la discussione sul riassetto dell’economia dopo la deflagrazione della crisi americana del 1929. La Malfa, allora trentenne, era già un antifascista, che trovò nella Banca Commerciale di Raffaele Mattioli sia una zona franca utile ad assicurargli un posto di lavoro libero dalle sudditanze politiche, sia un luogo di studio dove affinare la sua visione economica. Nell’Italia provinciale di quel tempo, la Comit di Mattioli era una finestra sul mondo. Come ha osservato Leo Valiani, «gli scritti di Keynes erano di casa», mentre altrove erano ancora oggetto di pesante ostracismo. E poi la Comit aveva legami internazionali, che «le consentivano di conoscere - come nota Soddu - le realtà innovative del periodo tra le due guerre». La filiale di New York forniva ogni mese un’informazione ampia e tempestiva di ciò che succedeva in America e del dibattito del New Deal di Roosevelt. Infine, la Comit era un luogo migliore da cui presidiare i processi fondamentali dell’economia italiana.

La Malfa, da subito vicedirettore dell’ufficio studi e direttore dal 1938 (quando il responsabile, Antonello Gerbi, dovette riparare in Sud America a causa delle leggi razziali), poté utilizzare l’osservatorio della banca per mettere a punto un proprio punto di vista sullo sviluppo economico da cui non si sarebbe più distaccato. Curò una grande ricerca collettiva, L’economia italiana nel sessennio 1931-1936, realizzata sotto l’egida della Banca d’Italia e, pur nell’isolamento cui lo costringeva il regime fascista, elaborò le linee d’analisi cui si sarebbe rifatto nella sua azione di governo, nei decenni 50 e 60.

Il La Malfa ministro del Commercio con l’estero, che volle la liberalizzazione degli scambi per il nostro Paese, e, soprattutto¸ il ministro del Bilancio artefice della Nota aggiuntiva del 1962, la testimonianza più ricca e completa della cultura della programmazione del primo centro-sinistra, non si intenderebbe senza il riferimento a questa storia personale. Erano stati gli anni della Grande Crisi a convincerlo che l’economia italiana richiedesse una «modificazione di ordine strutturale, che non può essere soltanto affidata al libero gioco delle forze economiche», come disse già al tempo dello Schema Vanoni, il primo tentativo di programmazione.

Per questa compenetrazione con le questioni di fondo dell’economia italiana, La Malfa fu un politico anomalo. Rivisitarne l’esperienza in un nuovo, profondo periodo di crisi restituisce il senso e il valore di un percorso biografico ancora esemplare.

Autore: Paolo Soddu
Titolo: Ugo La Malfa. Il riformista moderno
Edizioni: Carocci
Pagine: 526
Prezzo: 38,50 euro
gioiaedolore
00giovedì 30 ottobre 2008 10:33
CI VORREBBE OGGI UN VERO RIFORMISTA DAL PUGNO DI FERRO..!!CONTRO CERTE ARROGANZE PARLAMENTARI..
martee1964
00giovedì 30 ottobre 2008 15:54
hai perfettamente ragione [SM=g7244]
gioiaedolore
00giovedì 30 ottobre 2008 17:51
odio santoro ed anno zero,pure travaglio mi fa ribrezzo..!!
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