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Delle parole ritengo una perfettibile fortuna (in me) il rifiorire, per riflettere a lungo sull'incerto (d'altra parte internazionale) avvenire. In primo luogo ho sempre avuto notevoli traversìe di varia natura anomala-anacronistica, quindi non mi sento un uomo-massa né pro né contro le masse, rappresento i simboli infatti di 'mondi-a-parte', inoltre andrei ramingo in altri luoghi - fuori non solo dalla penisola italica ma proprio ormai dall'orbita terrestre. Quaggiù del resto per me esiste una specie d'eterno medio#basso evo dove anche le attuali società umane saranno sempre immature... dove uno come Busi si compiaceva di sentirsi "una panteganina", e mi torna blandamente in mente un film dove Stallone in un fumògeno locale fredda uno di quei viziosi intrappolati nei loro vizi (forse Rourke) intimandogli: "Hai gli occhi di un topo morto!".
Intanto una ragazza punkeggiante canta: "Ti faccio soffocare con il tuo burrìto..cocorìtoo!"
E "Per mantenere il potere a volte ci vuole il cervello" (Machiavelli) - nel film-thriller "Il quarto stato".
Ma per restare "anche solo" ad una certa perfezione nell'arte della scrittura, è davvero stupefacente ritrovarla ogni volta...rileggendola in certi autori che ti sono cari ossia particolarmente congeniali e dunque rimangono per te 'sempreverdi' rispetto a tanti altri... Insomma, quasi perfetta era la Merini, come perfetto Dino Campana o S.B.Yeats. Inoltre mi sono sempre reso conto dell'assoluta perfezione di Baudelaire. Al contrario, un filologo come Nietzsche lo trovo tuttavia spesso imperfetto, proprio nella sua fagocitante ricerca del linguaggio, e così pure ad es. Pasolini, in quanto erano troppo schiavi (a mio mod. avviso) delle parole stesse. Anche Verlaine era imperfetto nella stesura dei suoi versi; per quanto Verlaine possa essere stato bravo, molte delle parole da lui usate potrebbero essere modificate; così le poesie di Gregory Corso, per quanto possano sembrare perfettibili, possono essere più volte modificate. Si ha viceversa l'impressione di un imperativo categorico rileggendo ed imparando a meditare un genio come Rimbaud, perché le sue parole sono già forme sognanti in azione. A mio parere accade lo stesso miracolo con Dylan Thomas, le sue parole sono effettivamente una 'falange di immagini' già magistralmente concepite.
Una prof di lettere, brava ma frustrata, quando avevo sui vent'anni, mi disse: "Forse lei è più adatto di me alla poesia, ma provi lei a scrivere L'Infinito!". Non risposi nulla mentre pensavo: "Ma che significa?"
Mi soffermo spesso sulla figura morale del greco Nikos K. (1883-1957) autore de "L'ultima tentazione di Cristo", morto di leucemia a Friburgo; sulla sua tomba l'epitaffio recita così:
"Non mi aspetto nulla. Non temo nulla. Sono libero".
Non avrò mai una tomba, anche perché non la desidero affatto. Solo una targhetta commemorativa in un luogo appartato, (eventualmente come un particolare d'un qualche culto magari estensibile...)
"L'imbarazzo dello stare al mondo - in fondo è solo un trucco", (da "La grande bellezza").